Usario

La morte

LU FUN’RAL, L’ P’SAT E LU R’CU’NZ’L

La morte di un familiare rappresentava un momento di particolare difficoltà per la famiglia e anche di particolare solidarietà formale e sostanziale da parte della sua parentela.

Il morto, indipendentemente dall’età e dalla situazione,  meritava sempre il pianto e, pertanto fino all’uscita di casa della bara, il pianto di qualcuno non doveva mancare. E a piangere non erano solo i congiunti stretti; ad essi si aggregavano amici e parenti anche per dare più solennità alla cosa.

Il corteo che accompagnava la bara (portata ovviamente a spalla e generalmente dagli uomini) faceva diverse soste prima di arrivare in Chiesa. Le soste (l’ pos ) avvenivano in corrispondenza delle case di vicini e parenti che facevano trovare un tavolo per strada per deporci la bara e una busta per l’offerta alla Chiesa.

I parenti stetti del morto portavano il lutto (le donne in gonna nera e gli uomini con un fazzoletto nero) per una settimana almeno; per la moglie del morto il lutto era a vita.

Nella casa da cui era uscito un morto non poteva accendersi il fuoco per una settimana e, pertanto non era possibile nemmeno cucinare.

Si facevano carico di portare da mangiare alla famiglia del morto i loro parenti e amici più stretti secondo un calendario concordato in modo che nessun giorno fosse vuoto.

Questa prassi era chiamata r’cùnz’l (riconsolazione) e durava almeno una settimana.

Da tener presente che i pasti preparati dai parenti per lu r’cùnz’l erano abbondanti e in genere di qualità superiore agli standard familiari: al termine del periodo di r’cùnz’l i familiari del morto qualche etto in più lo mettevano.